Avere due copie mutate del gene TP53, invece di una sola, significa una prognosi peggiore nei pazienti con diagnosi di sindrome mielodisplastica (MDS). Lo ha evidenziato il primo studio internazionale a cui ha preso parte il gruppo Sindromi mielodisplastiche del Josep Carreras Leukemia Research Institute. Questo studio, pubblicato sulla rivista “Nature Medicine“, è stato condotto da ricercatori del Memorial Sloan Kettering negli Stati Uniti, coinvolgendo 25 centri di ricerca in 12 paesi ed è stato supervisionato dal gruppo di lavoro internazionale per la prognosi dell’MDS, il cui obiettivo è sviluppare nuove linee guida internazionali per la diagnosi e il trattamento di questa malattia. Considerato il “guardiano del genoma”, il TP53 è il gene mutato più comunemente nel cancro. La sua normale funzione è quella di rilevare i danni al DNA e impedire alle cellule di trasmettere questo danno alle cellule figlie. Quando il TP53 è mutato, la proteina risultante da questo gene (chiamato p53) non può più svolgere questa funzione protettiva e può derivarne il cancro. Nella maggior parte dei tumori, le mutazioni di TP53 sono associate a una prognosi peggiore, come recidiva della malattia, scarsa risposta ai trattamenti e sopravvivenza più breve.
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