Scoperto da medici e ricercatori dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Roma e della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS un meccanismo fondamentale nello sviluppo del 70% delle reazioni di rigetto dei trapianti di rene. Il risultato dello studio potrebbe aprire la strada a nuove terapie anti-rigetto utilizzando farmaci già in uso clinico con altre indicazioni. Guidati da Giuseppe Grandaliano, Professore Ordinario di Nefrologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Roma e Direttore della UOC di Nefrologia della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, i ricercatori hanno scoperto che nel corso della forma più comune di rigetto del rene trapiantato interviene una sorta di reazione allergica all’organo sostituito, associata a una aumentata produzione di interferone-alfa. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Clinical Journal of the American Society of Nephrology, in collaborazione con le Università di Bari, Foggia e Padova.
“Il nostro studio – ha spiegato Giuseppe Grandaliano, professore ordinario di Nefrologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore campus di Roma e direttore della Uoc di Nefrologia della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs – partendo da un’analogia tra rigetto anticorpo-mediato e il danno renale in pazienti con lupus eritematoso sistemico (una patologia autoimmune in cui il danno renale è anticorpo-mediato) ha dimostrato che, come nel lupus, anche nel rigetto cronico anticorpo-mediato oltre alle IgG sono presenti a livello renale anticorpi della classe IgE che sono in grado di innescare una sorta di reazione allergica all’organo trapiantato attraverso l’attivazione di mastociti e basofili, cellule immunitarie il cui ruolo non era ben chiaro nel corso del rigetto del trapianto renale. Inoltre abbiamo dimostrato che questo fenomeno, cosi’ come nel lupus, e’ strettamente associato ad un’aumentata produzione di interferone alfa. La nostra osservazione ha anche una potenziale ricaduta terapeutica. Infatti questa nuova via di danno dell’organo trapiantato potrebbe essere il target di farmaci gia’ disponibili in commercio che agiscono bloccando l’azione dell’interferone alfa”, conclude il nefrologo.
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