Un nuovo metodo, messo a punto negli Usa, potrebbe rappresentare una vera e propria svolta nella diagnosi e nel trattamento precoce dell’autismo. Un gruppo di ricercatori, co-diretto da Gustavo K. Rohde, docente di Ingegneria biomedica all’Università della Virginia, ha infatti decifrato il codice genetico dell’autismo grazie all’IA.
In particolare, la task force (formata, tra gli altri, da ricercatori dell’Università della California di San Francisco e della Facoltà di Medicina della Johns Hopkins University, tra cui Shinjini Kundu, ex dottoranda di Rohde e prima autrice dello studio) ha usato un approccio che in base all’attività biologica nel cervello è stata in grado di identificare, con una precisione tra l’89 e il 95%, i marcatori genetici dell’autismo.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Science Advances, spiega come si sia tenuto conto della morfologia del cervello e come questa sia, a sua volta, influenzata da differenze genetiche già note per la loro capacità di aumentare il rischio di autismo. Nel dettaglio gli studiosi americani hanno testato la tecnica sperimentale su un gruppo di soggetti partecipanti al “Simons Variation in Individuals Project“.
Gli scienziati hanno mappato il cervello attraverso una risonanza magnetica. Le immagini ottenute sono state poi analizzate dall’intelligenza artificiale che rileva i movimenti di proteine, nutrienti e altri processi legati all’autismo.
Tra i fattori genetici noti con un possibile ruolo nel disturbo ci sono le cosiddette delezioni o duplicazioni di alcune sequenze genetiche ripetute: chi soffre di autismo presenta con maggiore probabilità una diminuzione o un aumento del numero di copie di queste sequenze genetiche, ripetute rispetto al numero con cui esse si presentano nel Dna dei soggetti senza il disturbo.
Le scoperte del team americano suggeriscono che un giorno i dottori potrebbero vedere, classificare e curare l’autismo e le condizioni neurologiche correlate con questo metodo, senza dover fare affidamento su – o attendere – segnali comportamentali. E ciò significa che questa medicina veramente personalizzata potrebbe portare a interventi più precoci.
Fonte news: Università della Virginia