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Con i super raggi X fotografati, per la prima volta, i danni “invisibili” del Covid ai polmoni

Fotografare organi umani intatti immortalandoli in 3D è uno degli obiettivi dell’imaging biomedico. Ebbene, per affrontare questa sfida, gli specialisti dell’Esfr (European Synchrotron Radiation Facility), il Centro europeo per la luce di sincrotrone, hanno messo a punto una sorta di supermicroscopio in grado di riprendere nuove e dettagliate immagini, in particolare, dei danni “invisibili” ai polmoni provocati dal virus della SarsCoV2, visti come finora non era mai stato possibile.

LA TECNICA CON I SUPER RAGGI X
Le immagini tridimensionali sono state ottenute grazie a una tecnica dell’Esrf denominata Hierarchical Phase-Contrast Tomography (HiP-CT), basata sull’Extremely Brilliant Source (EBS). Si tratta di potentissimi raggi X, circa 100 miliardi di volte più forti di quelli classici utilizzati nelle radiografie. Tale meccanismo di tomografia a contrasto è in grado di eseguire scansioni tridimensionali (3D) non distruttive con una risoluzione elevata, in qualsiasi posizione, di interi organi umani. 

SCANSIONATI CINQUE ORGANI INTATTI
Nel caso specifico, HiP-CT è stata applicata all’immagine di cinque tipi di organi umani intatti: cervello, polmone, cuore, rene e milza. Il supermicroscopio ha fornito una panoramica strutturale di ogni intero organo seguita da più volumi di interesse ad alta risoluzione, catturando unità funzionali organotipiche ed alcune singole cellule. In particolare, sono stati fotografati i glomeruli di un rene umano intatto ed i mutamenti nell’architettura tissutale del polmone di un donatore deceduto a causa del Covid-19.

LO STUDIO DELL’UNIVERSITY COLLEGE
In quest’ultimo caso, dalle riprese, si è potuto notare, per esempio, come il virus abbia danneggiato i capillari creando una sorta di cortocircuito tra due diverse reti sanguigne. I dettagli degli organi umani immortalati ai raggi X sono stati pubblicati sulla rivista Nature Methods, in uno studio coordinato dall’University College di Londra.

Leggi lo studio su Nature Methods

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