Al via la sperimentazione del dispositivo palmare SiMoT, grande quanto una chiavetta usb, che punta a fare diagnosi precoce dei tumori, ma anche di altre patologie, direttamente a casa o nello studio del medico curante, tramite piccolissimi campioni biologici, come sangue, saliva o urine.
La sperimentazione, che sarà vagliata dal Ministero della Salute, parte dall’Istituto Tumori ‘Giovanni Paolo II’ di Bari, Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico che, insieme a Regione Puglia, Università degli Studi di Bari e Università di Brescia, è membro della Cabina di Regia del Centro di Innovazione in Single-Molecule Digital Assay che ha sviluppato il dispositivo SiMoT.
«Un progetto che ci proietta nel futuro – così il direttore generale dell’Istituto Tumori di Bari, Alessandro Delle Donne – e che ci permette di realizzare parte della mission di questo Istituto: l’innovazione tecnologica a servizio degli screening di massa. Ciò ci consentirà di intervenire prima dell’insorgere della malattia, con immediate e significative ricadute sia sulla qualità di vita dei pazienti, sia sulle risorse del sistema sanitario nazionale».
Sviluppato nel 2016 e, negli anni, progressivamente testato e migliorato, il dispositivo palmare SiMoT è «un dispositivo economico, portatile, rapido, che, tuttavia, garantisce l’affidabilità di un test molecolare. “Entriamo oggi nella fase di pre-commercializzazione, per capire qual è la robustezza del dispositivo e dei dati raccolti», spiega a riguardo Luisa Torsi, presidente del Centro di Innovazione Regionale Single-Molecule Digital Assay
I dati, raccolti dal dispositivo grazie ad una cartuccia usa e getta, saranno processati con un algoritmo di intelligenza artificiale. L’incidenza di falsi positivi e negativi è inferiore al 1,5%.Il dispositivo potrà essere utilizzato per la diagnosi precoce di diverse patologie progressive. La sperimentazione, partita ufficialmente oggi , vedrà inizialmente coinvolta l’unità operativa di ginecologia oncologica clinicizzata dell’Istituto Tumori di Bari, diretta dal prof. Gennaro Cormio.
Saranno arruolate 50 pazienti con 1.500 rilevazioni di campioni di sangue, plasma e urine. La sperimentazione permetterà di validare le prestazioni analitiche del dispositivo che, poi, potrà essere utilizzato per verificare la presenza di marcatori dei tumori ginecologici nei campioni biologici delle pazienti. Il progetto è finanziato dal Dipartimento dello Sviluppo Economico e dal Dipartimento della Promozione della salute, benessere sociale e dello sport della Regione Puglia.
Fonte news: Università di Bari
Foto (generica e non relativa al prodotto): Silke da @Pixabay