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Covid-19: primo vaccino in un cerotto, la speranza è “made” in Puglia

“Parla” italiano, per la precisione, pugliese, la speranza legata alla realizzazione di un primo vaccino in grado di debellare il coronavirus. E’ di questi giorni, infatti, la notizia che un team di scienziati della School of Medicine dell’Università di Pittsburgh, ha messo a punto un vaccino-cerotto, con buoni risultati di efficacia sui topi da laboratorio. Ebbene: a capo di quella “task-force” di ricercatori c’è un “camice bianco” italiano. Si chiama Andrea Gambotto ed è originario di Bari (dove ha studiato prima al liceo scientifico “Scacchi” e poi all’Università degli Studi “Aldo Moro” dove si è laureato nel 1994). L’idea del “vaccino-cerotto”, infatti, reca il suo timbro. Gambotto lavora a Pittsburgh dal 2003 anno in cui realizzò il primo vaccino in assoluto contro un coronavirus allora emergente, quello della SARS e, in seguito, nel 2014 anche per la MERS. Ricordiamo che la sperimentazione del vaccino per la SARS fu abbandonata in quanto la malattia sparì da sola. Ebbene il cerotto anti-Covid realizzato dal professore pugliese, è stato testato sui topi i quali, dopo l’inoculazione, sono stati in grado di produrre gli anticorpi contro il temuto virus, disattivandone la portata virale. Si tratta di un cerotto largo 1,5 centimetri sul quale sono presenti 400 minuscoli aghi: andrebbe applicato sul braccio o sulla schiena. “Il vaccino – ha spiegato Gambotto ai media che lo hanno intervistato in questi giorni – funziona attraverso la proteina che il virus usa per entrare nelle cellule. Quindi, è una porzione del virus che noi studiamo in laboratorio”.
Secondo lo studio pubblicato da Lancet (rivista EBiomedicine) in cui vengono descritti gli studi sul vaccino che gli autori hanno “battezzato” PittCoVacc, la sperimentazione potrebbe entrare, nel giro di un mese, nei test clinici di fase 1 sull’uomo. Se l’Agenzia americana per gli alimenti ed i medicinali (FDA) autorizzasse tale passaggio e se, ovviamente, la sperimentazione dovesse dare i risultati auspicati, in 5 mesi si potrebbe cominciare con la produzione del vaccino da destinare poi su larga scala.

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