Arriva una buona notizia sul fronte biodiversità: le foreste di mangrovie, uno degli ecosistemi più a rischio del pianeta, stanno rallentando la loro corsa verso l’estinzione. Lo afferma uno studio internazionale pubblicato su “Current Biology“, a cui, per l’Italia, ha partecipato l’Università di Firenze, insieme ad altri 23 atenei e istituti di ricerca provenienti un po’ da tutto il mondo. Com’è noto agli studiosi dell’ecosistema, tra la fine del ‘900 scorso e l’inizio del terzo millennio, il tasso di scomparsa di queste piante tipiche dei litorali bassi delle zone tropicali, si è ridotto dall’1 al 3 % all’anno, fino a percentuali che variano dallo 0,3 allo 0,6 %. Il lavoro del team, guidato dall’Università di Singapore, trae spunto dalla quinta conferenza internazionale sulle mangrovie, tenutasi nel 2019 nella città-stato a sud della Malesia. I dati – hanno spiegato Stefano Cannicci e Sara Fratini, rispettivamente docente e ricercatrice di Zoologia presso il Dipartimento di Biologia dell’ateneo toscano – inducono ad un cauto ottimismo circa lo stato di conservazione delle foreste di mangrovie”. La “riduzione del tasso di perdita globale – proseguono i due scienziati, che fanno parte del Mangrove Specialist Group dell’International Union for Conservation of Nature – deriva dal miglioramento del monitoraggio e dall’accesso ai dati, ma anche da azioni di gestione e salvaguardia di questi ecosistemi, che svolgono un ruolo molto importante, ad esempio nella protezione dall’erosione costiera e dalle tempeste, nella funzione di filtro naturale per l’inquinamento o nello stoccaggio del carbonio”. Ma la minaccia su questi straordinari ecosistemi al confine tra terra e mare non è finita: nemici delle mangrovie continuano a essere l’acquacoltura, la coltivazione del riso, le bonifiche per lo sviluppo industriale e portuale. E anche la riabilitazione è a rischio se le mangrovie vengono piantate in aree non adatte o se per il rinfoltimento vengono usate specie non native.
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