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Scoperta una nuova metodica per riparare il cuore infartuato: gli effetti positivi delle cellule staminali ingegnerizzate

Ritmo cardiaco finalmente regolare, addio aritmie ed arresti cardiaci. Per la prima volta una nuova metodica per riparare il cuore infartuato evidenzia gli effetti positivi delle cellule staminali ingegnerizzate. Lo certifica un innovativo studio internazionale, co-diretto dal prof. Alessandro Bertero, responsabile del laboratorio Armenise-Harvard di genomica dello sviluppo e ingegneria cardiaca presso il Dipartimento di Biotecnologie Molecolari e Scienze per la Salute dell’Università di Torino, e dal Prof. Chuck Murry, direttore dell’Institute for Stem Cell and Regenerative Medicine dell’Università di Washington.

Lo studio, intitolato Gene editing to prevent ventricular arrhythmias associated with cardiomyocyte cell therapy“, è stato pubblicato, lo scorso 6 aprile su Cell Stem Cell, la più prestigiosa rivista nel campo delle cellule staminali.

Negli ultimi anni è emerso che trapiantare cellule di cuore differenziate da cellule staminali ha un grande potenziale terapeutico, tuttavia espone il paziente ad un periodo transitorio molto pericoloso, caratterizzato da severi disturbi del ritmo cardiaco, come le aritmie. 

Ebbene grazie alla ricerca internazionale, è stato scoperto il meccanismo molecolare che porta ad un’incompatibilità tra le cellule trapiantate ancora “immature” e quelle del cuore adulto. E ciò influenza la capacità delle cellule immature di battere ritmicamente in modo analogo alle cellule del pacemaker adulto ma diversamente dal resto del cuore.

Nello studio si mostra l’assenza di aritmie legate al trapianto quando si applicano metodiche di editing genetico (CRISPR/Cas9) per ingegnerizzare delle cellule staminali. Esse, una volta differenziate nel muscolo cardiaco, non si contraggono più spontaneamente, ma solo in risposta ad uno stimolo elettrico come quello inviato dal pacemaker. 

Siamo stati sorpresi da quanti meccanismi inducano un battito spontaneo rapido nelle cellule immature: per ottenere delle cellule che seguano il ritmo del cuore adulto ci sono voluti ben quattro modifiche geniche, ed altrettanti anni di lavoro” chiarisce la dott.ssa Silvia Marchianò, prima firmataria dello studio.

“In studi tuttora in corso si sta valutando l’efficacia di questo trattamento in coorti precliniche più ampie. In base ai dati ottenuti finora siamo ottimisti che le cellule ingegnerizzate mantengano la loro capacità di ripristinare la funzione contrattile del cuore danneggiato da infarto o altre patologie genetiche che portano all’indebolimento della muscolatura cardiaca” spiega il prof. Alessandro Bertero, giunto in Italia grazie al finanziamento della Fondazione Armenise-Harvard.

La pubblicazione dello studio arriva subito dopo la notizia del finanziamento di oltre 7 milioni di euro, conferito dal Ministero dell’Università e della Ricerca al Dipartimento di Biotecnologie e Scienze per la Salute UniTo nell’ambito del bando Dipartimenti di Eccellenza, ottenuto grazie al progetto EXPECT (EXcellence Platform for Engineered Cell Therapies). Il progetto quinquennale (2023 – 2027) si focalizza su cellule immunitarie antitumorali già validate nella pratica clinica. A fianco di ciò, costruendo sulle basi poste in questo lavoro, il gruppo di ricerca recentemente stabilito dal Prof. Bertero ambisce a portare in Italia terapie sperimentali a base di cellule ingegnerizzate anche per il cuore.

Nel Dipartimento di Biotecnologie e Scienze per la Salute UniTo, oltre al Professor Bertero lavora anche la professoressa Chiara Ambrogio, a sua volta vincitrice del Career Development Award della Fondazione Armenise-Harvard” rivela Elisabetta Vitali, direttrice dei programmi italiani della Fondazione. “Sono 2 dei 30 eccellenti scienziati che abbiamo portato in Italia in oltre 25 anni di attività. Tutti sono accomunati da risultati straordinari, per numero e qualità delle pubblicazioni e per la capacità di attrarre finanziamenti: ciò significa che investire nella ricerca e negli scienziati più promettenti, non per forza italiani, significa investire nel futuro dell’Italia” conclude.

Il prof. Alessandro Bertero (foto di Maurizio Marino)

Fondazione Armenise Harvard
La Fondazione Giovanni Armenise Harvard nasce con l’obiettivo di sostenere la ricerca di base in campo biomedico. Aiuta i giovani scienziati che lavorano all’estero a stabilire il loro laboratorio in Italia e sostiene vari programmi di ricerca alla Harvard Medical School di Boston. Ha investito oltre 70 milioni di dollari ad Harvard e 31 milioni di dollari nella scienza italiana, creando molti programmi di ricerca e favorendo la collaborazione tra i due continenti.

Il finanziamento del Career Development Award (CDA) ammonta a 200.000 dollari all’anno (per un periodo compreso tra 3 e 5 anni). Ad oggi, il programma CDA ha sostenuto 30 giovani scienziati.

I CDA hanno istituito laboratori a Milano (IEO, IFOM/FIRC, Istituto San Raffaele, Università di Milano, CNR), Roma (La Sapienza, EBRI), Padova (VIMM, Università di Padova), Trento (Dipartimento CIBIO, Università di Trento), Palermo (Università di Palermo), Trieste (SISSA), Pavia (Università di Pavia), Pozzuoli (Tigem), Torino (Istituto Italiano di Medicina Genetica, Università di Torino), Rovereto (IIT), Camerino (Università di Camerino) e Genova (IIT).

Le aree di interesse includono neuroscienze, biologia vegetale, biochimica, immunologia, biologia del cancro, proteomica e genetica, biologia sintetica e cellule staminali.

Fonte news e foto: Ufficio Stampa Università di Torino

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